
QUANDO LA TEMPESTA È IN ATTO, COMBATTILA E CERCA UNO SPIRAGLIO PER USCIRNE (SZ13)
Sarà banale, ma non ho mai visto costruire una casa dal tetto; come in tutte le opere, infatti, anche nel nostro sport le fondamenta si costruiscono dal basso, partendo da una corretta programmazione delle categorie minori nelle tante società sparse per tutto lo stivale, veri e propri pilastri strutturali del rugby italiano.
In un momento come quello attuale, così difficile per l’intero Paese, anche il rugby italiano sta giocando la sua partita più importante, certamente tra le più difficili, ma questo sport mi ha insegnato che quando perdi e vieni sconfitto in un modo netto puoi fare due cose: accontentarti e trovare degli alibi ( arbitro, allenatore etc.) sperando la prossima volta vada meglio, oppure cogliere nella sconfitta una grande opportunità di cambiamento, di rinascita, di riprogrammazione, di desiderio di migliorarsi.
Nel mondo 2.0 post Covid il nostro rugby può e deve diventare a livello nazionale un concreto supporto sociale per famiglie e ragazzi dai 6 ai 12 anni, un’opportunità straordinaria per diffondere i nostri valori e il nostro entusiasmo.
Opportunità
Ripartiamo dal rugby di base, dai giovani. Considerando che la riuscita di un atleta viene decretata in buona parte da ciò che ha fatto negli allenamenti tra i 7 ed i 14 anni, investire sul rugby di base è una priorità. Dobbiamo formare educatori (6-8-10-12 anni) con spiccate doti educative e sociali che offrano ai bambini un’ambiente famigliare con molteplici piacevoli attività, divertenti ed efficaci dal punto di vista dell’apprendimento. Crescendo i ragazzi, tra i 14 ed i 18 anni, il formatore deve convertirsi in creatore, pianificatore ed osservatore, associando alle dinamiche pedagogiche/sociali altre competenze tecnico/tattiche di assoluto spessore.
Dobbiamo lavorare sulla comprensione del gioco, le abilità di base, la velocità di pensiero, l’intelligenza tattica del singolo, di reparto, di squadra; i giocatori che riescono a pensare velocemente ed attivare una risposta motoria inconsapevole al di sotto dei 150ms, saranno i protagonisti del rugby del futuro.
Per fare questo bisogna lavorare ed integrare bene tecnica/tattica e fisicità formando i giocatori sull’unica finestra che non si chiude mai: quella dell’intelligenza. Perché si possa in futuro avere un maggior numero di giocatori intelligenti i formatori dovranno stimolare molto di più e istruire molto meno i propri giocatori; il vero maestro del gioco, non è l’istruttore o il formatore, ma bensì il gioco stesso. ( C.F. D.M. )
Le società
Le società devono investire sul rugby di base con progetti a 3/5 anni. Club che investono nella formazione dei loro allenatori con percorsi mirati, ad Hoc. Questi progetti non devono fermarsi al rugby giocato ma devono includere percorsi di aggregazione e socializzazione su valori condivisi.
Una cosa fondamentale che ci sta insegnando questa emergenza sanitaria è che senza etica, senza valori, tutto diventa sterile, insignificante; allora impariamo dai nostri errori e cominciamo a costruire la nostra casa depotenziando l’io per donarlo al noi.
Aiutiamo i nostri giovani ad avere fiducia nella vita, nelle persone, nel futuro e fortifichiamo l’idea che solo uniti si possono raggiungere traguardi ambiziosi, che solo l’umiltà del singolo aiuterà la squadra a perseguire i due principi fondamentali del nostro amatissimo rugby: partecipazione proattiva ed appartenenza!
La federazione
La federazione italiana rugby deve destinare contributi importanti per il rugby di base. Un’idea per recuperare risorse potrebbe essere quella di avere due squadre in pro 14 semi autonome (gestione privata), con contributo F.I.R. limitato dal punto di vista economico, che rappresentino al meglio l’alto livello italiano. Le somme recuperate dovranno essere investite nella formazione dei tecnici del rugby di base, nel sostegno dei club, in un progetto di tutoraggio per allenatori di grande spessore. A fine promozionale, due partite per squadra celtica, potrebbero svolgersi nel sud Italia, creando un’interesse ed alimentando un’entusiasmo, ormai flebile, in una terra di rugby che deve assolutamente ritornare ad essere protagonista del rugby italiano.
Con che formatori
I formatori della federazione italiana rugby dovranno essere selezionati non solo per spessore e competenze di base, ma soprattutto per parametri comportamentali basati su principi di etica, professionalità e desiderio di imparare, disimparare ed imparare di nuovo. Persone che si mettono al servizio del movimento con generosità, passione ed altruismo, oltre all’umiltà per essere disponibili all’ascolto.
Chi sbraita, urla, offende non può essere un formatore e tantomeno un allenatore di Rugby!!
Mettiamo in campo una task force di 50 allenatori che attraverso una scuola di alta specializzazione, vengano istruiti e formati ad hoc con tutte le competenze del caso, pedagogiche, tecniche, tattiche, relazionali per veicolare, attraverso un percorso di tutoraggio, competenze specifiche e un metodo dell’insegnamento / apprendimento del gioco del rugby univoco e chiaro. Gli allenatori del rugby di base vogliono crescere, hanno entusiasmo e non sono più disposti ad un “copia ed incolla”del nostro rugby!
Una scuola di rugby italiana
Dobbiamo credere nel Rugby “made in Italy”, che abbia una metodologia italiana chiara, un’atteggiamento aperto alla condivisione, ma fedele alla nostra cultura; in vent’anni siamo passati da una scuola francese, sudafricana, neozelandese, ancora francese, insomma… un caos!
Creiamo una nostra identità, vedi modello Argentina, con una mente aperta ad una partecipazione pro attiva con le altre nazioni; i sudamericani sono cresciuti molto perché hanno capito che i grandi allenatori non copiano, ma “rubano”, passatemi il termine, idee e concetti e li fanno a loro immagine e somiglianza; in sostanza si formano ed imparano sempre!
I possibili scenari
le società, lo sport in generale entreranno in nuovi scenari economici e sociali, dove sarà fondamentale la programmazione in base alle risorse disponibili, con bilanci preventivi reali, senza inutili escamotage contabili che portano solo a rimandare problemi, se non, spesso, ad aumentarli.
I dirigenti dei club dovranno darsi una programmazione a 3 /5 anni sostenibile, mettendo per iscritto gli obiettivi prefissati e monitorare costantemente il loro raggiungimento o i gaps da colmare .
In tutto questo la comunicazione sarà fondamentale: con gli atleti, gli allenatori, i genitori , le amministrazioni comunali , le scuole e gli sponsor, veri e propri partners di progetto; se non sapremo comunicare tutto quello che è identità e unicità del mondo ovale al di fuori del nostro , avremo meno opportunità di crescita quindi meno risorse disponibili.
La nuova FIR avrà l’onere di alzare l’asticella delle competenze sul campo, ma anche organizzative, gestionali e manageriali.
Il grande scienziato Albert Einstein ha scritto: “Il mondo appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni.”; oggi aggiungiamo che il mondo appartiene a chi ha il coraggio di iniziare il cambiamento partendo dalla cosa più difficile: partecipare uniti e coesi per lo sviluppo sano e consapevole delle future generazioni!

Ecco questo è il nostro pensiero, attendiamo il vostro…
SERGIO ZORZI (formatore e skill coach Sz13 )
con il contributo di
ENRICO QUARTIROLI (manager sviluppo akkademia Sz13)
Ciao, sono Luca, il presidente dello Jesi, circa 300 tesserati tra tutti, club di provincia la cui prima squadra milita in serie B. Condivido tutto e sono questi gli obiettivi che ci stiamo dando come Club da almeno 4 anni, nell’ambito di una programmazione triennale. Mi piace molto la proposta dei 50 formatori (lo ha fatto anche il calcio in Germania anni fa ottenendo grandi risultati), a questo punto la Fir potrebbe fare a meno dei centri di formazione risparmiando risorse. Ma ciò che manca nel tuo bellissimo articolo, che sprona ad agire ed è ottimista (al contrario di tanti addetti che ci danno già per persi), è la valorizzazione del nostro Brand, il Rugby Italiano: non siamo presenti su giornali, televisioni, trasmissioni di intrattenimento, fiction, ecc., invece dovremmo investire su quello, far capire ai ragazzi e loro genitori che il rugby è “figo”, e sicuramente verranno da noi a provare (e quando provi difficilmente poi vai via). Io rinuncerei al mio contributo Fir per il Covid per una grande campagna di promozione nazionale del nostro sport, purché realizzata da professionisti del settore. Grazie dello spazio
Ciao, mi chiamo Alessandro Tagazzi e sono il presidente del Rugby Valdobbiadene Segusino, una piccola società nata 13 anni fa. Concordo con la tua idea e sono convinto, come dici tu che il futuro del nostro movimento debba tornare a basarsi sui valori del nostro sport. Sono altresì convinto che tutto il nostro movimento, a partire dalla Federazione debba investire sul comunicare alla gente proprio i nostri valori. La gente rimane nel Rugby anche se magari gioca solo qualche anno, questo vuol dire che la nostra forza è il nostro modo di vivere lo sport.
Sono convinto che il Rugby, nei paesi piccoli come il nostro, debba e possa offrire un alternativa di vita a tanto ragazzi e questo concetto deve essere per noi il faro.
Ti ringrazio e ti saluto.
Ciao Alessandro, i valori sono l’ancora di salvezza per il nostro rugby e non solo…. Nei post ricevuti, sono tantissimi, ci
sono messaggi , come il tuo, che mi fanno ben sperare per il futuro. Uomini di spessore, che custodiscono in se la saggezza, ce ne sono! Dobbiamo essere uniti nel condividere idee, emozioni, progetti, ed iniziare il percorso di cambiamento, un cambiamento, come dici tu, di vivere lo sport come veicolo che accompagni le future generazioni verso la speranza, la speranza di un mondo migliore.
Di nuovo grazie , un caro saluto
SZ13
Ciao Luca, d’accordissimo con te!! Ti chiedo il permesso di pubblicare questo tuo commento nel mio sito. Quello che dici tu (progetto marketing) lo sostengo da anni e vorrei amplificarlo con la tua testimonianza!! Gli anglosassoni definiscono questa connessione che è avvenuta tra te e me Brainstorming ( Raccolta di idee ). Sono assolutamente convinto che noi abbiamo bisogno di connetterci e comunicare idee, emozioni, progetti, senza nessuna presunzione, ma con la consapevolezza che le piccole cose (idee condivise) sono responsabili di grandi cambiamenti.
Grazie mille Luca, attendo tue nuove
Ti lascio il mio nr. di cellulare : 347/9311962
SZ13
Ottima proposta,sostenibile per club che operino su un territorio che economicamente sostenga un investimento economico adeguato e posseggano dirigenti e tecnici in possesso di livelli adeguati
Sergio le tue proposte sono simili a quelle idee che come te da anni porto avanti e contesto alla FIR. Per cui sono più che d’accordo e spero vivamente che le tue proposte siano prese in considerazione dal futuro governo federale e che tu venga messo in condizione di poterle applicare direttamente.
Ciao Rosario, mi fà molto piacere che condividiamo le stesse idee! Ti ho risposto anche su Facebook. Grazie per l’accostamento al mio maestro Pierre Villepreux.
Caro Sergio, ciò che dici è estremamente vero.
Non possiamo pensare di emergere se il nostro obiettivo non parte dal basso. Solo attraverso l’espansione del rugby di base, ragazzi ed educatori, e una identità rugbistica possibile imporci nel mondo del rugby.
Grazie per ciò che hai scritto, con la speranza che venga colto da un numero considerevole di persone.
Buon rugby
Enzo Dannoli
Grazie Enzo!
Buon rugby a te
Ciao Sergio, condivido quello che hai scritto,ma ho una domanda: quale è il ns rugby? Sono d accordo sul fatto che dobbiamo costruire un ns gioco, basato sulle ns caratteristiche,ma secondo te quale può essere il ns gioco?
Ciao Cristian, ai miei corsi lo ripeto spesso. Noi dobbiamo fare un gioco dinamico, creativo, basato sul consolidamento delle abilità di base ed unito alla cosa che ci viene meglio : la creatività, non attraverso giocatori robot, ma attraverso giocatori intelligenti. Per farlo occorre formare gli allenatori del rugby di base ad una applicazione ed una metodologia / pedagogia dell’insegnamento del gioco del rugby con competenze di qualità! Ecco,la mia scuola Akkademia SZ13 da cinque anni si occupa di questo.
Buona serata e ..grazie del commento!
Condivido in pieno Sergio. Il mondo ha bisogno di persone più brave, di persone resistenti, con valori generosi e con una cultura positiva. Abbiamo abbondanti prove che un club di rugby può aiutare a sviluppare persone migliori. Il primo passo è che un club riconosca questa come una responsabilità e la ponga come suo obiettivo principale, la sua stella polare. Il resto è dovuto solo allo sforzo.
Si David, credo molto in questo!!
Un caro saluto e grazie
Grazie David, hai detto benissimo! Lo sport come veicolo per diventare persone migliori.
Bisogna fare solo una cosa, come dici tu, lo sforzo per iniziare!!!
Un caro saluto
Conoscendoti,dalle tue idee non poteva che nascere un progetto del genere,lo dico chiaramente in senso positivo…..sono argomenti che purtroppo sono ben conosciuti da anni,forse sono troppo “alti”per il mondo del rugby.un saluto
Che piacere Ettore. Ho un bellissimo ricordo di te!!E’ stato molto bello condividere assieme un’esperienza il quel di San Donà. Ti mando un grande abbraccio con la promessa che verrò a trovarti al tuo ristorante. Uomini come te non si dimenticano, anche se non li vedi per anni, rimangono nel cassetto dei ricordi piacevoli della vita.
Un grande abbraccio Coach
Ciao Sergio, ti to il mio piccolo/modesto contributo.
Non poteva esserci incipit migliore in questo articolo; io lo rafforzerei con l’analogia con il percorso scolastico e genitoriale: tutto ciò che i nostri ragazzi imparano sui banchi di scuola, ad una scrivania, davanti alla tv, passeggiando in montagna, in un museo… dai 6 ai 12 anni è quanto di più importante esista al mondo. E, come dicono i latini, tempus fugit; recuperare questi tipi di esperienze è dura quando i nostri ragazzi crescono.
Opportunità
Aggiungerei: il formatore deve avere entusiasmo, empatia ma soprattutto consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo che va al di là del torneo Topolino o del concentramento della domenica. Don Milani diceva: “ogni ragazzo bocciato è una sconfitta per l’insegnante”, trasposto potremmo dire “ogni ragazzo che abbandona o non si diverte in un campo da rugby è una sconfitta per l’educatore”
Società
È inutile creare le accademie per i 16-18enni quando il lavoro precedente non c’è o è scadente; ma attenzione non è un problema di accademie che è giusto che ci siano, è un problema di quelle società, ahimè troppe, che vedono solo l’analogia ragazzino-quota pagata.
La Federazione
A mio avviso a livello federale abbiamo un grosso problema: il meccanismo che porta un ragazzo che entra in un’accademia a 15-16 anni e che arriva con il suo percorso di crescita 4-5, ma anche 6-7, anni dopo in una squadra di Pro14 non è fluido.
Quali sono gli intoppi più grandi? Ce ne sono tanti ma uno, secondo me, sta creando grossi problemi: la distribuzione dei giocatori che finiscono il percorso dell’Accademia U20 non deve essere lasciato SOLO in mano ai procuratori che li consegnano alle squadre che han più disponibilità economiche ma deve esserci l’avvallo, anche economico, dalla Federazione che li distribuirà a pioggia in tutte le società del Top12 o in un nuovo campionato U20 le cui squadre sono obbligatoriamente fornite da coloro che vogliono partecipare al Top12.
Ogni squadra del Top12 sarà così più competitiva e il livello si alzerà di conseguenza; i giocatori giovani faranno un’esperienza migliore e duratura.
Il modello del draft americano sarebbe il non plus ultra: i più scarsi dell’anno prima scelgono per primi.
Una scuola di rugby italiana
Tutta la vita d’accordo: ad altissimo livello puoi permetterti di avere un allenatore neozelandese, sudafricano o francese e sarà lui che si adatterà al tuo modo di giocare facendoti crescere ancora (se è un grande allenatore….).
Gatland docet ma anche Claudio Ranieri ha vinto uno scudetto col Leicester da Italiano in Inghilterra(!!!) abbandonando la sua filosofia basata sul possesso palla e adattandola alle caratteristiche dei giocatori che aveva.
Noi dobbiamo creare la nostra identità, se no non andremo mai da nessuna parte.
BUON RUGBY A TUTTI
Grazie del tuo contributo, molto interessante!
Un abbraccio, caro Alessandro
Ciao Sono Lorenzo e sono un pilone OLD avendo giocato dodici anni a cavallo degli anni 70/80. Sono formato ne in Counselling Umanistico e Gestaltico e Mediazione Familiare, e da quasi due anni studio Health e Mental Coaching a indirizzo sportivo e dei gruppi; vorrei portare i miei contributi esperienziali ai bambini e ragazzi che giocano a Rugby… Frequento la Società Valorugby Emilia, perché provengo dal Rugby Reggio, e perché uno e dei miei ragazzi gioca in UNDER 16…. Condivido a pieno la tua esposizione, te l’ho anche detto di persona, RIBADOSCO LA MIA COMPLETA DISPONIBILITA’ A CONTRIBUIRE ALLA FORMAZIONE DI PERSONALITA’ E PERSONE CHE SERVANO A FUTURO PROSSIMO DEL NOSTRO SPORT.
Sappiamo benissimo che Oltralpe e nei Paesi Anglosassoni, la figura dell’ Health and Mental Coach è molto diffusa e utilizzata in tutti i Club da quelli delle massime serie fino a quelli locali; sappiamo anche che qui in Italia figure come la mia vengono osteggiate da personalità che ritengono che per fare quel che serve in ambito, – secondo loro – lo può essere solo da chi ha formazione ACCADEMICA riconosciuta e sancita… Sappiamo anche però che ciò non ha NESSUNA BASE Scientifica, in quanto nelle Accademie Universitarie Italiane – te lo dico per esperienza personale diretta-, le materie proprie del Coaching non vengono insegnate, per cui, mi permetto… Che ci lasciassero fare, scegliere, operare!
Hai visto mai che, volendo implementare ragionamenti formativi utili, possiamo ipotizzare che siamo in grado, QUI ED ORA e nel nostro ambito, col tempo, dare valore aggiunto a quel che facciamo?
Una sorta di RICONVERSIONE delle figure preparate che possano servire per STRUTTURARE MOTIVARE SOSTENERE E COSI’ FARE CRESCERE I NOSTRI ATLETI dal punto di vista cognitivo/mentale, a sostegno di quello strutturale/fisico, per fortificarli e renderli consapevoli di ciò che fanno, nei gesti sportivi che si accingeranno a fare e proseguire nella loro attività…
Sono qui se vuoi, se ti sembra interessante… Buone Cose e Buon Rugby…
D’accordo con te Lorenzo. Anch’io mi occupo di Coaching e nel mio staff mi sono avvalso di due professionisti del settore, due pedagogisti dotati di grandi competenze.
Grazie, prendo in seria considerazione la tua proposta.
Un caro saluto
… scusami. aggiungo che sarebbe buonissima cosa che l’idea ventilata da più parti di fare slittare in avanti il passaggio di categoria di un anno (es. l’under 16 che nel 2020/2021 diventerebbe under 17), sarebbe un’ottima cosa, sotto diversi punti di vista anche economici per le Famiglie e di crescita agonistica per i nostri ragazzi… Succederà spero proprio di sì!
D’accordo con te!
grazie buon rugby
a disposizione
Buonasera a tutti, ho letto con attenzione l’articolo e successivi post. Non posso che condividere le idee già espresse e da dirigente mi trovo a pianificare il presente ed il futuro della mia società. L’investimento sul rugby di base è fondamentale e la trasmissione di idee e valori da parte dei tecnici oltre che gli aspetti tecnico/sportivi più in generale è la componente che ci differenzia da altri sport. Ma il vero limite che affrontiamo noi oggi è proprio trovare figure da inserire negli staff tecnici che possano, peraltro, garantire una permanenza in società nel medio e lungo termine. Per fortuna (o forse no!) nel mio territorio ci sono diverse società in un raggio di km davvero limitato e questo porta molto spesso diversi tecnici ad andare una stagione qui e una li sempre che nel frattempo non si perdano del tutto… come “legarli” alle società? il loro tesseramento federale gli consente di poterlo fare e noi società come possiamo tutelare un nostro eventuale investimento su di loro? Ovviamente la mia non vuole essere una polemica ma la condivisione di un problema che spesso pregiudica le scelte strategiche di una società…
Come legarli alle società? Questa è una cosa fondamentale. Quando le società mi chiamano per un progetto formativo parto prima dalle persone e dal tempo (quattro anni di progetto). Consiglio poi le mie strategie al riguardo per ottenere una fidelizzazione delle persone e… credimi si può fare.
Buona giornata
Perdonami, intenti e buoni propositi a parte, formalmente è possibile fare un accordo/contratto vincolante?
Certamente, ad un piano di sviluppo serio ed entusiasmante, nei contenuti e nella messa in opera, segue naturalmente una contrattualistica.
Questo lo puoi fare informandoti presso uno specialista del settore. Però quello che lega le persone tra di loro in maniera forte è la serietà del progetto, nei contenuti e ultima e non ultima cosa… il buon fare ed il buon essere delle persone. Questo vale più di qualsiasi contratto o accordo sportivo !
Buona giornata
Concordo pienamente col tuo pensiero ma capita pure che una sera di gennaio pianifichi la stagione successiva e 20 giorni dopo ti salutano per aderire ad altri progetti. Poi sulla validità dei singoli progetti se ne può parlare. Ecco il perché del mio intercalare sulla contrattualizzazione…
Buongiorno, sono d’accordo sull’idea di alimentare un concetto di gioco italiano e sul fatto di puntare sul Rugby di base. Sono invece un po’ meno d’accordo sul concetto di far crescere il movimento su tutto lo stivale, supportare chi già sta lavorando sì, ma creare nuovi club no. Mi spiego meglio: sono di Genova, nella nostra regione si gioca a Pallanuoto e in pochissimi altri luoghi si pratica, ma ciò non impedisce alla nazionale di essere ai vertici mondiali, anche il Rugby dovrebbe seguire questo esempio, non inseguire la diffusione territoriale, ma migliorare ciò che di buono c’è già. Grazie per il “servizio” che svolgete, gli spunti sono molto interessanti.
Ciao Andrea, grazie del tuo commento.
Buona giornata